#incavince.
Gli errori formali nella compilazione delle domande di pensione non giustificano la reiezione della prestazione, se il lavoratore ha i requisiti contributivi e di età richiesti dalla normativa vigente. Si potrebbe sintetizzare così il contenuto di due sentenze emesse dai Tribunali di Aosta e di Grosseto che, grazie ai legali dell’Inca, hanno restituito il diritto alla pensione a tre lavoratori, ai quali l’Inps aveva bocciato la domanda di pensione, perché formalmente sbagliate.
Non è la prima volta che i legali dell’Inca si imbattono in cause di questo tipo, ma quello che desta anche una certa ilarità è la difesa dell’Inps nel sostenere la propria posizione. Nella prima pronuncia, quella del Tribunale di Aosta (sentenza n. 59/2021), si legge infatti che i due lavoratori coinvolti avrebbero indicando nella domanda “pensione di anzianità anticipata”, anziché Quota 100, a cui si riferiva in realtà la loro richiesta. Una errata specificazione che non legittima il rifiuto della domanda, dal momento che le due tipologie di pensione “fanno parte di un unico genus di prestazione previdenziale”, spiega la sentenza.
Trattandosi di un mero “lapsus calami” (errore dovuto alla penna), con un successivo ricorso amministrativo al Comitato Provinciale di Inps, il Patronato della Cgil aveva cercato di risolvere la questione in via bonaria, senza dover ricorrere ad un’azione legale. Ma non è bastato. I due lavoratori si sono visti respingere la domanda di pensione con la curiosa motivazione che “il programma informatico dell’Inps non consente all’operatore modifiche a fronte della domanda presentata”.
Insomma, tutta colpa della rigida procedura telematica. Da qui la decisione di ricorrere alla magistratura che, accogliendo le ragioni dei legali dell’Inca, ha considerato valida la domanda di pensione, sin dalla prima istanza, sussistendo al momento della presentazione tutti i requisiti di legge per accedere alla quiescenza attraverso Quota100, condannando l’Inps al pagamento della prestazione richiesta.
Analogo esito ha avuto l’altra sentenza emessa dal Tribunale di Grosseto. In questo caso l’Inps ha respinto la domanda di pensione anticipata per lavoratori precoci cercando addirittura di scaricare sull’operatore del Patronato che aveva avviato la pratica, la responsabilità di aver “inoltrato la domanda utilizzando un canale telematico differente da quello messo a disposizione all’uopo dall’Istituto stesso”, nonostante tale prassi fosse stata indicata dalla direzione centrale dell’Inps per ovviare alle disfunzioni e al verificarsi delle “problematiche nella trasmissione telematica delle domande di pensione anticipata per lavoratori precoci”, come riferisce la testimonianza dell’operatore di Patronato riportata nella sentenza. Da qui la decisione del Tribunale di considerare illegittimo il rifiuto di Inps, nonché destituito di ogni fondamento, con la conseguente condanna dell’Istituto a pagare i ratei di pensione maturati dal lavoratore a partire dal primo dicembre 2018 al 30 aprile 2019.